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Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera che alcuni docenti universitari hanno inviato al Ministro Profumo, ad introduzione di un articolato (disponibile in fondo alla pagina in pdf). Qui di seguito la presentazione di questa iniziativa a firma di uno degli estensori della lettera.
Questa lettera e questo articolato nascono dalla convinzione che su alcuni principi si possa raggiungere un ampio consenso fra tutti coloro che considerano l’istruzione e la ricerca universitarie una risorsa strategica per il paese. Nessuno dichiara di non volere un’università capace di produrre eccellenza di risultati o di voler difendere il “sistema” dei concorsi che tanto ha contribuito a screditare i professori universitari agli occhi dell’opinione pubblica. E possiamo anche sperare che non siano molti i professori che davvero sognano un’università senza studenti e senza lezioni. L’idea è quella che per sostenere concretamente questo consenso sia opportuno introdurre alcuni correttivi e che il dibattito aperto dall’annuncio del Presidente Monti e del Ministro Profumo di voler varare un provvedimento sulla capacità, il merito e la responsabilità educativa e sociale sia un’occasione preziosa.
La proposta di un vero e proprio articolato, quasi immediatamente trasformabile in un disegno di legge o anche in un decreto legge, può apparire faticosa ed eccessivamente “tecnica”, ma ha il pregio – questo è almeno l’auspicio – di sottolineare la concretezza delle proposte, quasi tutte già formulate o dallo stesso governo o da partiti ed altre voci significative del mondo universitario. Su alcuni punti, in particolare, un supplemento di riflessione e condivisione appare necessario, anche da parte di chi non si riconoscesse nelle soluzioni indicate. Possono essere riassunti in altrettanti interrogativi:
– Come intendiamo finanziare il diritto allo studio in un momento di crisi così grave come quello che stiamo attraversando?
– Vogliamo un’università nella quale i professori vengono valutati solo per gli articoli che scrivono e non anche per quanto e come insegnano?
– Quali sono gli strumenti per garantire un rapporto corretto fra i docenti e i loro studenti, che hanno diritto ad un servizio e ad uno stile di comportamento di qualità?
– In che modo possiamo sviluppare percorsi formativi di eccellenza “dentro” l’università che è di e per tutti, senza trasformarli in percorsi riservati a pochi e, tendenzialmente, a chi se lo può permettere?
– Si può chiudere la polemica sul valore legale della laurea?
– E’ possibile garantire un processo di selezione del personale docente che non riproduca i vizi evidenti del recente passato?
– Si può evitare che l’università rimanga uno dei luoghi di lavoro nei quali più facilmente il precariato si trasforma in una situazione di frustrazione, assenza di prospettive per il futuro o addirittura vero e proprio sfruttamento?
Ci sono naturalmente altre questioni aperte, a partire dai criteri di valutazione della ricerca, dall’organizzazione dell’Anvur e dalla crescente burocratizzazione della vita universitaria, che è un altro prodotto di un clima diffuso di sfiducia, che porta ad aumentare a dismisura i controlli senza far crescere in proporzione la certezza dei risultati. La lista è aperta. Quella che invece varrebbe proprio la pena di chiudere è la lista delle abilitazioni nei prossimi “concorsi”…
Stefano Semplici
LETTERA AL MINISTRO PROFUMO
Signor Ministro,
sui provvedimenti annunciati dal governo per la valorizzazione delle capacità, del merito, della responsabilità educativa e sociale nella scuola e nell’università si è aperto un confronto che ha subito assunto toni decisamente aspri. A tutto discapito della pacatezza e della pazienza con le quali ci si dovrebbe confrontare su questioni che sono difficili (specie in tempo di crisi) e decisive per il futuro di tutti e in particolare dei nostri giovani.
L’esperienza di molti anni a contatto con la vasta comunità di tutti gli studenti universitari e con quelle più ristrette di collegi ai quali si accede in base a rigorose prove selettive ha consolidato in noi la convinzione che la contrapposizione fra equità e merito non è solo sbagliata, ma dannosa per il paese e in particolare per chi ha bisogno di maggiore aiuto per far fiorire il suo talento. Se la qualità non è diffusa, si inaridisce il terreno sul quale, offrendo a tutti la possibilità di crescere, cresceranno anche coloro che sono capaci di arrivare più lontano. Se la possibilità di percorsi di vera eccellenza non viene coltivata dentro la filiera dell’educazione che è per tutti e di tutti, essa diventerà un bene ad accesso riservato e riservato a chi può permettersi di pagarlo.
Crediamo che intorno ad alcuni obiettivi fondamentali la condivisione sia possibile, anzi doverosa:
-l’ampliamento di un’offerta formativa di qualità per tutti, garantendo allo stesso tempo che tutti – anche i più bravi – possano trovare i percorsi a loro adeguati nel rispetto del principio delle pari opportunità;
-la centralità della responsabilità didattica nella sua unità inscindibile con l’attività di ricerca, nella consapevolezza che tale centralità viene erosa nel momento in cui tutti gli incentivi di sistema si concentrano sulla valutazione dell’impact factor, con poca o nessuna attenzione per l’impatto dei comportamenti dei docenti sui giovani che entrano in un’aula per seguire un corso ed imparare;
-la necessità di garantire procedure di selezione che siano davvero trasparenti e rigorose e che, nella consapevolezza che non possono esserci garanzie automatiche di scorrimento verso l’alto nella carriera universitaria, siano tuttavia tali da evitare la creazione di sacche di precarietà senza speranza.
Quello che proponiamo è il risultato di una riflessione condotta a partire dai testi e dagli interventi dei quali si è discusso e si discute in questi giorni. Ci sono naturalmente anche alcune idee personali, ma in numero davvero limitato. C’è, fra queste, l’idea che il diritto allo studio si possa e debba sostenere anche destinando a questo “scopo” le maggiori risorse rese disponibili dai cittadini che pagano le tasse e dai consigli di amministrazione che governano meglio le loro università. Pensiamo che una condivisione ampia sia possibile, se c’è la buona volontà di verificarla. E che stiamo parlando non dell’ennesima riforma epocale, ma semplicemente di alcune misure – importanti – per far funzionare meglio la nostra università, nell’interesse di tutti i suoi studenti e, in questo modo, del paese.
Le auguriamo buon lavoro e La salutiamo cordialmente,
Stefano Semplici (Università di Roma “Tor Vergata”, Collegio “Lamaro Pozzani”)
Giampaolo Azzoni (Università di Pavia, Collegio “Borromeo”)
Paolo Leonardi (Università di Bologna, Collegio Superiore)
Emanuele Rossi (Scuola Superiore S. Anna, Pisa)
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Pubblicato il 21 giugno 2012
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